Garofoli/Nexus Sesta tappa di #Teatroaporteaperte dedicata all'Ostara, giorno della fertilità e del rinnovamento!
Con incursioni e contributi video di:
- Laura Garofoli (attrice)/ Claudia Salvatore (attrice) / Daniele Casolino (musicista/performer) & Mersia Valente (attrice/performer) / Luca Scacchetti Suca Lacchetti (slam poet) / Giulia Francia (attrice/performer) /Giovan Bartolo Botta (attore/ultras teatrale) / Nexus (performer)
L'evento è sostenuto da #ResistenzeContagiose, ciclo di iniziative solidali promosso dalla rete Cinecittà Bene Comune e verrà trasmesso sulla pagina Detriti, la ressegna teatrale autogestita del Csoa Spartaco.
Per partecipare al live sintonizzatevi alle 18:30 su questo evento o sulle pagine:
Garofoli/Nexus
Csoa Spartaco
Detriti
***
COS'E' #TEATROAPORTEAPERTE?
Un'iniziativa in cui Invitiamo artisti o compagnie che vivono sotto lo stesso tetto a svolgere letture, performance e altre forme di spettacolo e trasmetterle in diretta streaming dal proprio domicilio con l'hashtag #teatroaporteaperte.
COMUNICATO POLITICO del 15/03/2020
Il 6 marzo, seguendo la raccomandazione ministeriale di promuovere attività alternative rispetto a quelle interdette, avevamo proposto di organizzare piccoli spettacoli domiciliari e training autogestiti all'aperto nel rispetto delle norme vigenti. Non ci aspettavamo che in soli 4 giorni si emanassero 3 Dpcm che proibissero progressivamente ogni forma di socialità. Perciò, nel rispetto della nuova normativa, abbiamo cambiato responsabilmente rotta. Il nostro orientamento però rimane lo stesso: battiamo i denti ma non chiudiamo i battenti. Non potendo aprire le porte fisiche, apriamo quelle ethernet (un altro modo per intendere #teatroaPorteaperte) perché crediamo nel potere taumaturgico del condividere e fare cultura, a maggior ragione quando si vive in regime di isolamento. Certo, «Il teatro senza pubblico» - direbbe Grotowski - «nun se po' sentì!». La nostra non è una proposta risolutiva, ma una soluzione lenitiva per attivare forme di resistenza alla gestione emergenziale della pandemia.
Sì, perché dopo gli appelli condivisi a stron battuto sulla necessità di «starsene a casa» senza sé e senza ma come «responsabilità individuale» di ogni cittadino, sta guadagnando lentamente strada il concetto old-school, ma ben più solidale, di «resistenza». Come scrivevamo il 6 marzo, la retorica dell’auto-isolamento asservito alla norma di stato non ci convinceva e infatti non ha retto. Non ha retto sui social, scatenando aggressività, fake news, delazioni, invocazioni all’autoritarismo e ipocrisie, prima fra tutti quella dei vip dai conti in banca milionari, che diffondevano l’hashtag #iostoacasa dallo sfarzo delle loro ville fuori città. E infatti non ha retto chi è tornato a casa per paura di passare la quarantena isolato dalla famiglia o in cinque sotto a un gabinetto. Non hanno retto i carcerati e carcerieri, isolati ma accalcati senza tutele sanitarie. Non hanno retto i lavoratori e lavoratrici che avrebbero voluto stare a casa ma la legge imponeva loro di non farlo: pendolari ammassati su carri bestiame ferroviari e operai stretti fra le maglie della catena di montaggio, ma anche fattorini, riders e magazzinieri che per «necessità imposta» continuavano a servire colossi come Amazon o Just Eat per garantirsi almeno un piatto di lenticchie. Non ha retto il governo (che prima chiude le scuole poi i centri anziani, prima i teatri poi i risto-pub), governatori e sindaci (che, come De Luca in Campania, minacciano di «neutralizzare» chi passeggia e , come a Bari, chiudono i parchi con fare sceriffesco) e di conseguenza non hanno retto e non reggeranno le forze dell’ordine (che si trovano a maneggiare con sempre maggior autoritarismo istruzioni terminologicamente e giuridicamente contradditorie, e a discrezione personale multano i piccoli commercianti per vendita di articoli proibiti, ma non i supermercati zeppi di merci inutili). E non abbiamo retto noi, che già vivevamo isolati nelle baraccopoli e in alloggi di fortuna, nelle case famiglia o nelle famiglie incasinate, nei seminterrati e nei casermoni popolari senza Netflix e wi-fi, e che in casa - altro che vacanza! - giorno dopo giorno ci scopriamo rinchiusi in un dedalo di oppressione fisica e mentale.
Occorre resistere alla pandemia, ma soprattutto resistere all’emergenza costruita sul pericolo della pandemia. Un pericolo reale, ma che si è corazzato di realismo politico. Perché disporsi in attesa non si traduca in attendere le disposizioni. Perché l’ingiunzione a restare, non diventi ansia da stazionamento. Essere vigili, non vigilantés, in uno stato d’emergenza che sta velocemente (e incongruentemente) sospendendo e riconfigurando diritti ritenuti inviolabili e potrebbe farlo ancora, e meglio. Resistiamo all’epidemia (stando a casa a leggere, disegnare, guardare film e chattando con amici e parenti) ma resistiamo all’emergenzialità esercitando il nostro diritto di lotta e critica al potere, affinché il conto di questa emergenza non lo paghino solo i morti ma anche i sopravvissuti del piano terra della scala sociale. Per farlo non c’è una ricetta: ognuno può farlo a modo suo, noi lo facciamo col teatro.
«I’m a fuckin dreamer, man… but i’m not the only one». ... See more
Sesta tappa di #Teatroaporteaperte dedicata all'Ostara, giorno della fertilità e del rinnovamento!
Con incursioni e contributi video di:
- Laura Garofoli (attrice)/ Claudia Salvatore (attrice) / Daniele Casolino (musicista/performer) & Mersia Valente (attrice/performer) / Luca Scacchetti Suca Lacchetti (slam poet) / Giulia Francia (attrice/performer) /Giovan Bartolo Botta (attore/ultras teatrale) / Nexus (performer)
L'evento è sostenuto da #ResistenzeContagiose, ciclo di iniziative solidali promosso dalla rete Cinecittà Bene Comune e verrà trasmesso sulla pagina Detriti, la ressegna teatrale autogestita del Csoa Spartaco.
Per partecipare al live sintonizzatevi alle 18:30 su questo evento o sulle pagine:
Garofoli/Nexus
Csoa Spartaco
Detriti
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COS'E' #TEATROAPORTEAPERTE?
Un'iniziativa in cui Invitiamo artisti o compagnie che vivono sotto lo stesso tetto a svolgere letture, performance e altre forme di spettacolo e trasmetterle in diretta streaming dal proprio domicilio con l'hashtag #teatroaporteaperte.
COMUNICATO POLITICO del 15/03/2020
Il 6 marzo, seguendo la raccomandazione ministeriale di promuovere attività alternative rispetto a quelle interdette, avevamo proposto di organizzare piccoli spettacoli domiciliari e training autogestiti all'aperto nel rispetto delle norme vigenti. Non ci aspettavamo che in soli 4 giorni si emanassero 3 Dpcm che proibissero progressivamente ogni forma di socialità. Perciò, nel rispetto della nuova normativa, abbiamo cambiato responsabilmente rotta. Il nostro orientamento però rimane lo stesso: battiamo i denti ma non chiudiamo i battenti. Non potendo aprire le porte fisiche, apriamo quelle ethernet (un altro modo per intendere #teatroaPorteaperte) perché crediamo nel potere taumaturgico del condividere e fare cultura, a maggior ragione quando si vive in regime di isolamento. Certo, «Il teatro senza pubblico» - direbbe Grotowski - «nun se po' sentì!». La nostra non è una proposta risolutiva, ma una soluzione lenitiva per attivare forme di resistenza alla gestione emergenziale della pandemia.
Sì, perché dopo gli appelli condivisi a stron battuto sulla necessità di «starsene a casa» senza sé e senza ma come «responsabilità individuale» di ogni cittadino, sta guadagnando lentamente strada il concetto old-school, ma ben più solidale, di «resistenza». Come scrivevamo il 6 marzo, la retorica dell’auto-isolamento asservito alla norma di stato non ci convinceva e infatti non ha retto. Non ha retto sui social, scatenando aggressività, fake news, delazioni, invocazioni all’autoritarismo e ipocrisie, prima fra tutti quella dei vip dai conti in banca milionari, che diffondevano l’hashtag #iostoacasa dallo sfarzo delle loro ville fuori città. E infatti non ha retto chi è tornato a casa per paura di passare la quarantena isolato dalla famiglia o in cinque sotto a un gabinetto. Non hanno retto i carcerati e carcerieri, isolati ma accalcati senza tutele sanitarie. Non hanno retto i lavoratori e lavoratrici che avrebbero voluto stare a casa ma la legge imponeva loro di non farlo: pendolari ammassati su carri bestiame ferroviari e operai stretti fra le maglie della catena di montaggio, ma anche fattorini, riders e magazzinieri che per «necessità imposta» continuavano a servire colossi come Amazon o Just Eat per garantirsi almeno un piatto di lenticchie. Non ha retto il governo (che prima chiude le scuole poi i centri anziani, prima i teatri poi i risto-pub), governatori e sindaci (che, come De Luca in Campania, minacciano di «neutralizzare» chi passeggia e , come a Bari, chiudono i parchi con fare sceriffesco) e di conseguenza non hanno retto e non reggeranno le forze dell’ordine (che si trovano a maneggiare con sempre maggior autoritarismo istruzioni terminologicamente e giuridicamente contradditorie, e a discrezione personale multano i piccoli commercianti per vendita di articoli proibiti, ma non i supermercati zeppi di merci inutili). E non abbiamo retto noi, che già vivevamo isolati nelle baraccopoli e in alloggi di fortuna, nelle case famiglia o nelle famiglie incasinate, nei seminterrati e nei casermoni popolari senza Netflix e wi-fi, e che in casa - altro che vacanza! - giorno dopo giorno ci scopriamo rinchiusi in un dedalo di oppressione fisica e mentale.
Occorre resistere alla pandemia, ma soprattutto resistere all’emergenza costruita sul pericolo della pandemia. Un pericolo reale, ma che si è corazzato di realismo politico. Perché disporsi in attesa non si traduca in attendere le disposizioni. Perché l’ingiunzione a restare, non diventi ansia da stazionamento. Essere vigili, non vigilantés, in uno stato d’emergenza che sta velocemente (e incongruentemente) sospendendo e riconfigurando diritti ritenuti inviolabili e potrebbe farlo ancora, e meglio. Resistiamo all’epidemia (stando a casa a leggere, disegnare, guardare film e chattando con amici e parenti) ma resistiamo all’emergenzialità esercitando il nostro diritto di lotta e critica al potere, affinché il conto di questa emergenza non lo paghino solo i morti ma anche i sopravvissuti del piano terra della scala sociale. Per farlo non c’è una ricetta: ognuno può farlo a modo suo, noi lo facciamo col teatro.
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